Comune di Roma, Ignazio resiste nell’indifferenza dei cittadini

Il tira e molla del sindaco non sblocca l'impasse politico in cui è caduta la città

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Il tira e molla del sindaco Ignazio Marino sulle sue dimissioni non sembra sconvolgere più di tanto un’opinione pubblica alle prese con il ‘malvivere’ quotidiano di Roma e sempre più distante e scettica nei confronti della politica. Roma non vive su Facebook e tanto meno è rappresentata da quella piazza del Campidoglio di ieri relativamente gremita dai supporters del Che Ignazio. Di qui l’evidente dissociazione di un sindaco che identifica, o finge di identificare, quegli autoconvocati con il ‘popolo’ sciorinando il meglio del sinistrismo d’antan. Ma dissociato è ormai anche un Pd già condannato dai sondaggi che ha perso il contatto con la realtà cittadina per aggrovigliarsi in una situazione di cui è anche responsabile.

Credere che “Marino Guevara” sia vittima di una congiura di palazzo significa dimenticare questi anni della sua amministrazione con risultati che sono sotto gli occhi di un normale cittadino. Il quale per prima cosa ha realizzato che anche nel Pd si ruba e non è convinto che l’onestà di un sindaco giustifichi la sua inadeguatezza. Ergersi poi a paladino della legalità tentando di stabilire una obiettiva alleanza con la magistratura impegnata nel contrasto alle mafie e alla corruzione, è un po come usurpare il lavoro a chi  lo sa veramente fare. Che poi qualcuno si stracci le vesti per le sorti di una città ad oggi priva di governo o per le sorti del Giubileo, lascia il tempo che trova.

Dopo Mafia Capitale l’amministrazione è già paralizzata di suo, i guai Atac si aggravano secondo una prevista logica autodistruttiva, i problemi rimangono tutti lì irrisolti mentre la politica e il sindaco di meglio non hanno saputo fare che cambiare una sfilza di assessori in 28 mesi. Nè l’improvviso attivismo del sindaco e dei resti della sua giunta a sfornare delibere o completare i lavori, come quelli di via Marsala con tanto di fanfare, non convince il cittadino smagato. Pronto ad obiettare: perchè non vi siete dati da fare prima.

Umiltà vorrebbe che per ‘raddrizzare’ Roma, si ammettessero le difficoltà partendo dalle piccole opere e non dai roboanti annunci, dai futuribili grandi progetti (Olimpiadi, Stadio della Roma, piani urbanistici decennali, improbabili privatizzazioni ecc.) Anche perché in questa palpabile situazione di decadenza urbana le ‘svolte epocali’ sono solo nella testa di un sindaco che non si fida di nessuno fuorchè del suo ego, di cui il cerchio magico dei suoi fedelissimi è la proiezione. Un ego titillato ieri da qualche migliaio di supporters che un risultato l’hanno pure raggiunto: quello di spaccare un Pd alla frutta. Come testimoniavano quelle bandiere apprezzatissime da “Marino Guevara” e i dirigenti e consiglieri presenti al suo fianco.

Tocco finale della dissoluzione del Pd romano, vittima dei suoi errori e delle sue faide. Se poi questo sgretolamento possa rallegrare l’opposizione, ci appare demenziale. Intanto perché la destra (Meloni o no) porta lo stigma della gestione Alemanno (che giusto ieri litigava con Giorgia) mentre le indagini della Procura non sono ancora concluse. D’altra parte alla baldanza del Movimento 5 Stelle che aspira al governo della Capitale non corrisponde né un progetto politico né l’indicazione di un candidato credibile, tanto da far sorgere il dubbio che abbiano paura di vincere. Il centro moderato di Marchini si rattrappisce, almeno nei sondaggi, come se la stella dell’imprenditore si fosse arenata in quel 10% dei consensi del 2013. Chi invece si alimenta di questa crisi capitolina è il vero partito maggioritario, quello delle astensioni. Da questa impasse bisogna pure uscire per il bene di Roma e la palla passa a Matteo Renzi. L’occasione di commissariare Roma a luglio è svanita per quella delega al commissario del Pd romano Matteo Orfini che anziché guardare oltre Marino, si è rattrappito in logiche di partito tutte romane. Ma ora, con il sì alle dimissioni di 19 consiglieri, la direzione del Pd chiude la partita con un colpo di coda vincente.

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