Mafia Capitale, Zingaretti riparte dall’etica della politica

Zingaretti: su 4 miliardi di gare bandite nemmeno un euro alla criminalità

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Mentre le opposizioni chiedono le dimissioni del sindaco Ignazio Marino e anche del presidente della Regione, con una intervista a Repubblica Nicola Zingaretti interviene sulle vicende di “Mafia Capitale” che va assumendo proporzioni sempre più pesanti in questi ultimi giorni.

VENAFRO INDAGATO E NON COLPEVOLE – «Ci sarà un percorso giudiziario per ricostruire i fatti che andrà rispettato. Quello che escludo è che ci sia stato un patto corruttivo della politica» ha spiegato con una sua intervista a “Repubblica”. Sul ruolo del suo ex capo di gabinetto Maurizio Venafro, dimessosi alcune settimane fa Zingaretti ha chiarito «che è indagato e non colpevole. In questi due anni (Venafro) con me in Regione, prima di dimettersi, è stato coprotagonista di una stagione durante la quale proprio su trasparenza e semplificazione abbiamo cambiato tutto. Tra rotazione dei dirigenti, centrale unica degli acquisti, fatturazione elettronica, abbiamo immesso tanti anticorpi utili a tutela della legalità». Sempre su Venafro, Zingaretti ha poi spiegato che «era fra i suoi compiti incontrare anche il capo dell’opposizione senza alcun pregiudizio politico. All’epoca, però, nessuno poteva immaginare di quali interessi era portatore Gramazio» riferendosi agli stretti rapporti del capo gruppo di Forza Italia con Massimo Carminati, come attesterebbero le intercettazioni telefoniche dei ROS.

IL PD ROMANO – Ma Zingaretti fa anche notare che su 4 miliardi di gare bandite dalla Regione «nemmeno un euro è andato a mafia capitale» e nemmeno un assessore della sua giunta è stato coinvolto nell’inchiesta. Alla domanda se il Pd romano abbia toccato il suo punto più basso, Zingaretti risponde «diciamo che siamo a un punto nel quale non si hanno più scuse… La politica, però, ha il dovere di indagare sui suoi errori». Perché «negli anni è cambiata la concezione del rapporto col potere, vissuto più come uno strumento per l’affermazione personale che per mettersi al servizio delle persone». Per di più il Pd paga un «correntismo esasperato e una frantumazione del partito divenuto un insieme di singoli. Dove è il singolo che si fa partito». E conclude «facciamo tesoro di questa deriva e cambiamo tutto: ripartiamo da una riscoperta etica della politica».

 

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