Siri e la Raggi due facce del giustizialismo a fini politici. Ma Lega e 5 stelle non molleranno le poltrone per così poco

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    raggi

    Oh Virginia Virginia perché di tanto tradisci i manettari e giustizialisti figli tuoi? Eh sì perché quello che è successo oggi è al limite e forse oltre il codice penale, altro che onestà-tà-tà..

    Andiamo per ordine. Come pubblicato da Cinquequotidiano.it il casino nasce dalla inchiesta del settimanale L’Espresso che riporta un esposto dell’ex presidente di Ama Bagnacani che accusa Virginia Raggi per “avere fatto pressioni” per ottenere la modifica del bilancio aziendale tanto da farlo pubblicare in rosso a rischio di fallimento della società capitolina. 

    Insomma una bella coppa al veleno.

    Il Bagnacani, dopo essere stato sbarcato insieme alla fedelissima di Grillo assessora Montanari, affida un documento alla Procura di Roma con tanto di audio della sindaca, da cui emergono le “richieste” della Raggi per presentare un bilancio in rosso (vedi link nostri articoli). “Nessuna pressione, ma solo tanta rabbia per chi “non ha fatto bene il lavoro per il quale era pagato” afferma Virginia Raggi, sottolineando che “indagano gli altri”, e il riferimento è non solo al leghista Armando Siri indagato per corruzione dall’Antimafia, ma alla ex presidente dell’Umbria  Catiuscia Marini. 

    Se ci pensate bene sono faccende che c’entrano ben poco con gli intrighi romani. Infatti nella sentina dei poteri forti capitolini c’è qualcuno convinto che tutta questa ammuina fosse finalizzata ad affidare alle sapienti mani dell’avv. Sammarco, dallo studio della quale proviene l’avv. Raggi, il governo dell’azienda. Sullo sfondo il futuro protagonismo di Acea, che di rifiuti già si occupa, con il consenso dei soci privati  Caltagirone e francesi che qualcosina contano nella multiutility che continua a macinare utili. 

    Chiacchiere, gossip, ma resta il fatto che Salvini da tempo martella la Raggi, la vuole propio impallinare tanto che il ministro degli Affari regionali, la leghista Erika Stefani, seguita a stretto giro dal collega Gianmarco Centinaio e da altri tuona: “Se il contenuto delle intercettazioni del sindaco Raggi corrispondesse al vero – afferma – sarebbe la confessione di un grave reato e la chiara ammissione di una palese incapacità a governare. Per coerenza con le regole del movimento ci aspettiamo le sue immediate dimissioni“.

    A metterci il carico arriva il Capitano per il quale “la Raggi non è più adeguata a fare il sindaco e non per eventuali illegalità che eventualmente accerterà la magistratura, il mio è un giudizio politico. Se un sindaco dice che i romani aprono la finestra e vedono la merda e che ha la città fuori controllo, non può fare il sindaco a Roma come a Cernusco sul Naviglio”.

    Poi tanto per non farsi mancare niente, Matteo da Baggio decide di stralciare per ritorsione la norma “Salva Roma” dal decreto legge crescita, cioè quello che accollava miliardi di debiti accumulati negli anni dalla Capitale sulle palle dello Stato e quindi di tutti i contribuenti italiani.

    Ha un bel dire la Raggi che “il bilancio proposto dall’ex ad Lorenzo Bagnacani non poteva essere approvato dal socio Roma Capitale perchè non avrebbe rispettato la legge” visto che “il ragioniere generale, il direttore generale, il segretario generale, l’assessore al Bilancio e tutti i dipartimenti competenti hanno certificato l’assoluta mancanza di possibilità di riconoscere il credito inserito nel progetto di bilancio”. Per un Credito di 18 milioni neanche il costo di un appalto importante per tappare un po’ di buche. Ma resta il fatto che mentre la Sindaca naviga nella palude il sottosegretario leghista ai trasporti Crimi se la deve vedere con l’antimafia per corruzione, proclamando la sua innocenza.

    Insomma io dò na botta a te e tu ne dai una a me, uguale: uno schifo.. 

    Ora, alla luce di queste intercettazioni si chiede alla sindaca di fare un passo indietro, cioè di levarsi di torno, solo che la questione non finisce entro il cerchio delle mura aureliane perché è questione di politica nazionale fra Salvini e Di Maio che non perdono occasione di punzecchiarsi in vista delle Europee. Polemizzare molto governare poco.

    Ma vedrete che all’interno del ”governo del cambiamento” un accordo fra i due partners si trova sempre per mantenere il potere che quasi il 60% degli italiani attribuiscono a Lega e 5 stelle. La crisi agognata da Zingaretti e dal del Pd per una fumosa e incomprensibile alternativa, nondum matura est con la volpe di Salvini in attesa sotto il vigneto dei grillini.

    Giuliano Longo

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